Compleanno festeggiato alla grande ieri sera al Malacatín, uno dei quindici ristoranti più vecchi di Madrid. Aperta dal 1895, in questa taverna spagnola quattro generazioni della stessa famiglia servono uno dei migliori “cocido” (stufati) della città, ma il menù del locale – diretto, senza fronzoli né divagazioni – tra le varie specialità tradizionali offre anche la trippa alla madrilena.
I “callos a la madrileña” arrivano in una fondina elegante, che crea subito un curioso contrasto con l’atmosfera autentica e popolare del locale, ricco di quadri, piatti autografati e memorie che raccontano più di un secolo di storia soprattutto di tori e toreri.
Per fortuna mi basta un attimo per accorgermi che il piatto è sbrecciato in due punti, e che nessuno degli altri piatti sulla tavola è uguale all’altro. Si capisce subito che la trippa mi è stata servita in una fondina sopravvissuta ad anni e anni di onorato servizio, parte ormai di un corredo da tavola che è diventato eterogeneo col passare del tempo.
La trippa è lei. Un piatto robusto fin dal primo sguardo, senza compromessi, con gli ingredienti che caratterizzano questa ricetta – la morcilla (salsiccia di sangue di maiale) ed il chorizo (salame piccante affumicato) – in bella vista. A differenza dell’altra versione assaggiata qualche anno prima la trippa di Malacatín si distingue subito per la collosità ed il deciso sapore di affumicato. Il chorizo l’ho trovato un po’ troppo asciutto per i miei gusti, fattore che secondo me lo ha privato della possibilità di integrarsi a pieno col resto del piatto; ma non sono spagnolo né tantomeno di Madrid per cui magari è proprio così che deve essere, per permettere di esaltare individualmente ciascuno degli ingredienti che rendono così ricca questa ricetta. Ciò non cambia comunque il mio giudizio complessivo: “callos a la madrileña” laureati a pieni voti (e i due bicchieri di sangria con cui ho accompagnato il tutto, giuro, non hanno per niente influenzato la mia valutazione).