“Mai cchiù! Mai cchiù trippa!” canta Renatu Ozzimu nella sua ballata “La vendetta della trippa“, ripromettendosi di non mangiarne mai più. Il motivo di questa drastica decisione è la trippa di zia Concetta, celebrata come una specialità ma che si rivela ben presto una vera calamità: quello che inizia come il tradizionale, sostanzioso pranzo di famiglia si trasforma al rientro a casa in un incubo, tra mal di pancia, ingorghi, panico e riflessioni esistenziali dal sedile anteriore dell’auto in coda.
Cantata interamente in dialetto calabrese, “La vendetta della trippa” è un vivace lamento in musica. L’autore, già noto per il precedente “U brocculu malidittu”, torna a dare voce alle sue pene gastronomiche, trasformando il trauma da pranzo in poesia popolare. Ma la promessa di rinuncia non regge fino alla fine: la ballata si chiude infatti con un tentennamento: “O forsi no… passami ‘u pane, ci ripruvamu lentu.”