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Morzeddhu alla catanzarisi - Ricetta di trippa dalla Calabria

Un chilo di trippa, salsa di pomodoro, due rametti di origano, peperoncino, olio, sale (quattro persone).

Il morzeddhu (anche detto murseddu, morseddu, morsello o morzello), č un tipico piatto di trippa di Catanzaro. La leggenda vuole che sia stato inventato durante il periodo natalizio da una donna dalle mille risorse che, rimasta sola dopo aver perso il marito, e lavorando per tirare avanti la famiglia come addetta alla pulizia del cortile del macello, non avendo niente da mangiare per le feste, preparò una zuppa di "carne" utilizzando le frattaglie che altrimenti sarebbero state destinate alla discarica della Fiumarella. In realtà le origini del morzeddhu sono da ricercarsi nella zona compresa tra Catanzaro e le cittadine di Tiriolo e Taverna, e qualcuno fa risalire questo piatto ad un'antica ricetta di origine ebraica, se non addirittura saracena, che aveva diuneddi (interiora di vitello) fra i suoi ingredienti principali. Il termine "morzeddhu", che deriva dal latino morsicellus (piccolo morso), si ritrova nella lingua francese (morsel, "bocconcino"), in quella spagnola (al muerzo, "pranzo") ed anche - senza andare troppo lontano - nel termine "ammorsellato" (che è un manicaretto di carne sminuzzata e uova sbattute). Tradizionalmente il morzeddhu si serve dentro la pitta, un tipico pane a forma di ciambella schiacciata con poca mollica, di circa quaranta centimetri di diametro, che si trova solo a Catanzaro. Il centro storico del capoluogo era pieno di morzeddhari che nelle loro caratteristiche putiche (osterie) alle dieci e mezzo di mattina cominciavano a vendere questa pietanza agli operai ed ai manovali. La pitta viene tagliata prima a metą in due mezzelune e quindi ciascuna parte viene aperta ed imbottita di trippa al sugo. "T'a dde sculara gargi gargi" come si dice nel dialetto locale, č quello che succede poi al primo morso, quando il sugo fuoriesce immancabilmente dal panino. Per la preparazione di questa specialitą portare ad ebollizione abbondante acqua e scottarvi la trippa per qualche secondo - anche a piccole porzioni - raschiandola per rimuovere tutte le impuritą. In acqua pulita, bollente, cuocere ancora la trippa per quindici/venti minuti e poi scolarla, lasciarla raffreddare e tagliarla a listerelle. Nel frattempo portare ad ebollizione la salsa di pomodoro leggermente allungata con acqua e olio, e salare quanto necessario. Appena il sugo comincia a sobbollire aggiungervi la trippa e lasciarla cuocere a fuoco lento almeno venti minuti controllando la cottura ed aggiungendo ogni tanto un po' d'acqua bollente. A metą cottura aggiungere i rametti di origano ed il peperoncino rosso, possibilmente di Soverato, quello che di solito spicca sui balconi delle abitazioni calabresi. Servire molto calda e nella pitta accompagnando con un bicchiere di vino rosso locale.

IL MORZEDDHU
PIATTO ADOTTATO DAGLI ARBËRESHË

Come ricorda Edoardo Ballone i primi albanesi arrivarono in Italia alla meta dell'undicesimo secolo insediandosi dapprima come coloni nel Molise e in Puglia, grazie alle terre da coltivare loro concesse dal re di Napoli. Nel 1448 il condottiero albanese Demetrio Reres "guidò un grosso contingente di soldati per metterli al soldo del re di Napoli, Alfonso I d'Aragona. Dovevano reprimere alcune rivolte contadine. E contadini, anni più tardi, diventarono quei soldati che si stanziarono in gran parte del Cosentino", in Sicilia e nel Catanzarese (soprattutto a Caraffa, Carfizzi, Maida, Nicastro, Pallagorio, e San Nicola dell'Alto). Ecco come è nata la minoranza degli Arbėreshė, gli albanesi d'Italia, che si è ben integrata nel tessuto calabrese pur mantenendo la lingua degli antenati ed i propri costumi. Dal punto di vista gastronomico, piatti tipici dell'alimentazione albanese non ce ne sono, anche se qualcuno ritiene che l'uso del peperoncino piccante abbia una forte connotazione arbëresh. Quel che è certo è che anche nei centri albanesi del Catanzarese il piatto forte e più amato resta il morzeddhu.


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